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Giudizio di legittimità costituzionale

La rinuncia al ricorso, accettata dalla controparte costituita, determina, ai sensi dell’art. 25 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, l’estinzione del processo.



La modifica della disposizione oggetto di questione di legittimità costituzionale in via principale, intervenuta in pendenza di giudizio, determina la cessazione della materia del contendere quando ricorrono simultaneamente due condizioni: il carattere satisfattivo delle pretese avanzate con il ricorso e la mancata applicazione medio tempore della disposizione impugnata.



Le carenze motivazionali determinano l’inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale promosse, per genericità, insufficiente motivazione a fondamento delle censure nonché mancata e/o erronea indicazione dei parametri interposti.



L’obiettivo di migliorare l’accesso ai servizi e di valorizzare nuovi insediamenti è, infatti, perseguito con un criterio di dislocazione territoriale, imposto in via di automatismo, che si dimostra eccessivo, se il distretto per il quale è presentata l’istanza risulta ancora carente sotto il profilo del fabbisogno concreto…, attraverso un parametro di fabbisogno associato a un criterio impermeabile a ogni verifica in concreto, limita in maniera irragionevole e sproporzionata, oltre che discriminatoria, l’iniziativa economica privata.



La procedura di acquisizione dell’intesa nella Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano è considerata idonea a garantire la leale collaborazione, poiché consente lo svolgimento di genuine trattative e permette un reale coinvolgimento delle parti. La disposizione dell’art. 1, comma 269, della legge 30 dicembre 2021, n. 234 in quanto diretta a salvaguardare precipuamente gli equilibri della finanza pubblica, deve considerarsi applicabile solo alle regioni sottoposte al Piano di rientro, le quali sono impegnate in rigidi programmi di contenimento della spesa e di garanzia dei LEA.



L’effettività del diritto alla provvidenza dei soggetti danneggiati da vaccinazioni impone, pertanto, di far decorrere il termine perentorio di tre anni per la presentazione della domanda, fissato dall’art. 3, comma 1, della legge n. 210 del 1992, dal momento in cui l’avente diritto risulti aver avuto conoscenza dell’indennizzabilità del danno. Prima di tale momento, infatti, non è possibile che il diritto venga fatto valere, ai sensi del principio desumibile dall’art. 2935 cod. civ.



Il diritto fondamentale al lavoro, garantito nei principi enunciati dagli artt. 4 e 35 Cost., avuto riguardo al dipendente che abbia scelto di non adempiere all’obbligo vaccinale, nell’esercizio della libertà di autodeterminazione individuale attinente alle decisioni inerenti alle cure sanitarie, tutelata dall’art. 32 Cost., non implica necessariamente il diritto di svolgere l’attività lavorativa ove la stessa costituisca fattore di rischio per la tutela della salute pubblica e per il mantenimento di adeguate condizioni di sicurezza nell’erogazione delle prestazioni di cura e assistenza.



Decidere da quale specifica patologia si intenda difendere la collettività ricorrendo a questo trattamento è il primo, indispensabile passaggio nell’ambito del percorso che il legislatore compie, assumendosene la responsabilità, verso l’obbligo vaccinale, e garantisce altresì la necessaria conoscibilità del trattamento imposto. Correlativamente, questa stessa indicazione è essenziale per consentire, nella sede del giudizio di legittimità costituzionale sulle leggi, il sindacato di non irragionevolezza della scelta legislative.



La tutela giurisdizionale garantita dall’art. 24 Cost. comprende anche la fase dell’esecuzione forzata, in quanto necessaria a rendere effettiva l’attuazione del provvedimento giudiziale, sicché una misura legislativa che incida sull’efficacia dei titoli esecutivi di formazione giudiziale è legittima solo se limitata a un ristretto periodo temporale e compensata da disposizioni sostanziali che prospettino un soddisfacimento alternativo dei diritti portati dai titoli.



La disciplina dei piani di rientro dai deficit di bilancio in materia sanitaria è riconducibile a un duplice ambito di potestà legislativa concorrente, ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost.: tutela della salute e coordinamento della finanza pubblica. L’art. 120, secondo comma, Cost. legittima l’esercizio del potere sostitutivo, […] con cui l’istituzione statale «è chiamata ad assumersi la “responsabilità” di risolvere nel minor tempo possibile la crisi dissipativa di un determinato ente autonomo […]. Il lungo protrarsi del commissariamento costituisce un sintomo negativo dell’andamento di questo processo, cosicché si accentua l’esigenza di soluzioni strutturali univoche ed efficaci e del rigoroso rispetto delle regole a tale scopo concepite.



La disciplina statale delle modalità di conferimento e di cessazione degli incarichi di direttore sanitario e di direttore amministrativo degli enti del SSN e, in particolare, degli IRCCS, per sopraggiunti limiti di età, attiene all’organizzazione e alla gestione dei servizi sanitari e, di riflesso, anche all’efficienza degli stessi, esprimendo un principio fondamentale in materia di tutela della salute.



La tutela della salute implica anche il dovere dell’individuo di non ledere né porre a rischio con il proprio comportamento la salute altrui, in osservanza del principio generale che vede il diritto di ciascuno trovare un limite nel reciproco riconoscimento e nell’eguale protezione del coesistente diritto degli altri. Le simmetriche posizioni dei singoli si contemperano ulteriormente con gli interessi essenziali della comunità, che possono richiedere la sottoposizione della persona a trattamenti sanitari obbligatori, posti in essere anche nell’interesse della persona stessa, o prevedere la soggezione di essa ad oneri particolari.



I due procedimenti – di autorizzazione e di accreditamento – sono, in base ai richiamati principi fondamentali della legge statale, tra di loro autonomi, essendo ciascuno finalizzato alla valutazione di indici di fabbisogno diversi e non sovrapponibili.



La norma censurata, facendo decorrere la cessazione degli incarichi del direttore amministrativo e di quello sanitario dalla cessazione del vecchio direttore generale, stride con l’esigenza di continuità dell’azione amministrativa. In forza della specifica modalità con cui è strutturato il principio simul stabunt, simul cadent, l’ente risulta esposto al rischio di subire un periodo di discontinuità gestionale, in ipotesi anche prolungato, in cui il vacuum finisce addirittura per riguardare tutti i tre i direttori preposti, secondo le loro rispettive competenze, al governo dell’ente stesso.



La totale mancata considerazione delle summenzionate disposizioni vizia, irrimediabilmente, il ricorso per l’omessa ricostruzione del quadro normativo di riferimento, a cui consegue, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, l’inammissibilità delle questioni proposte, impedendo anche lo scrutinio nel merito delle norme ritenute dal ricorrente imprescindibilmente connesse alle disposizioni impugnate.



È evidente la carenza di giurisdizione del Giudice Amministrativo sulla controversia relativa alla sospensione dall’esercizio della professione sanitaria, che – come sottolineato dalla richiamata ordinanza delle sezioni unite della Corte di cassazione – «discende, in modo automatico» dall’accertamento dell’inadempimento dell’obbligo vaccinale, configurato come «requisito essenziale» imposto dalla legge a tutela della salute pubblica e della sicurezza delle cure.



La tutela apprestata al diritto alla salute dall’art. 32 Cost. non può non subire i condizionamenti che lo stesso legislatore incontra nel distribuire le risorse finanziarie delle quali dispone, fermo restando che da ciò non può derivare la compressione del «nucleo irriducibile del diritto alla salute, quale ambito inviolabile della dignità umana. L’erogazione di farmaci rientra nei livelli essenziali di assistenza (LEA), il cui godimento è assicurato a tutti in condizioni di uguaglianza sull’intero territorio nazionale, allo scopo di evitare che, in parti di esso, gli utenti debbano, in ipotesi, assoggettarsi ad un regime di assistenza sanitaria inferiore, per quantità e qualità, a quello ritenuto intangibile dallo Stato. Si è, dunque, in presenza di una competenza legislativa esclusiva statale, anche se questa Corte ha al contempo affermato che la materia presenta possibili punti di contatto con altri ambiti materiali, quali anzitutto la tutela della salute, «cui è da ricondurre l’organizzazione del servizio farmaceutico, in regime di competenza ripartita tra Stato e regioni ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost.



L’assoggettamento ai vincoli dei piani di rientro dal disavanzo sanitario impedisce la possibilità di incrementare la spesa sanitaria per motivi non inerenti alla garanzia delle prestazioni essenziali e per spese, dunque, non obbligatorie. In costanza del piano di rientro, rimane inibita alla Regione, nell’esercizio della competenza concorrente in materia di tutela della salute, la possibilità di introdurre prestazioni non ricomprese nei LEA.



Con la norma censurata la Regione siciliana aveva eseguito una operazione che, a fronte della diminuzione delle risorse per i LEA, aveva ampliato la capacità di spesa nel settore non sanitario, cioè ordinario, del bilancio regionale (sul quale, invece, avrebbe dovrebbe gravare l’onere dell’ammortamento del prestito. La disposizione censurata correla quindi a una entrata certamente sanitaria (il Fondo sanitario) una spesa invece estranea a questo ambito.



Nel suo commento alla sentenza 233/2022 della Corte costituzionale, l’autore mette efficacemente in evidenza quelle strette interrelazioni, sussistenti fra l’osservanza delle norme giuscontabili e l’attuazione dei livelli essenziali di assistenza sanitaria, che rilevano tanto sul piano fattuale quanto sul versante dei parametri costituzionali coinvolti, quali le lett. e) ed m) dell’art. 117, comma 2, Cost., da valorizzare l’uno accanto all’altro in una comune finalizzazione al presidio della spesa costituzionalmente necessaria o protetta.



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