IUS ET SALUS - Periodico online di diritto sanitario e farmaceutico

Antonio Cordasco

Le controversie aventi ad oggetto l’esito dei controlli di appropriatezza eseguiti dalle USL sulle strutture private che erogano prestazioni sanitarie operando in regime concessorio di accreditamento, appartengono alla giurisdizione del Giudice ordinario ex art. 133 comma 1), lett. c) del CPA qualora oggetto della contestazione sia esclusivamente l’esito del controllo, il conseguente accertamento dell’inadempimento della concessionaria rispetto alle obbligazioni derivanti dal rapporto concessorio, le relative richieste pecuniarie, ovvero le sanzioni amministrative irrogate.



La determinazione delle tariffe e la ripartizione dei compensi inerenti alle attività libero professionali rese dai dirigenti sanitari in regime di intra moenia, che le Aziende Sanitarie stabiliscono in conformità alle previsioni della contrattazione nazionale (che a sua volta rinvia a quella integrativa decentrata), devono tener conto dei costi diretti ed indiretti sostenuti dalle Aziende stesse, ivi compreso il maggior esborso a titolo di IRAP derivante dall'aumento della base imponibile per effetto dell'attività libero professionale" senza che le Aziende sanitarie possano "unilateralmente modificare i criteri di quantificazione dei compensi concordati in sede di contrattazione decentrata".



Non può predicarsi l'esistenza di un errore materiale di cifra rilevabile ictu oculi -…- in quanto nello specifico l'importo posto a sostegno del preteso indebito è derivato da un complesso procedimento di riallineamento delle banche dati aziendali, […]. L'errore … attiene in questo caso … alla stessa individuazione di uno dei termini da computare, ossia l'afferenza o meno di alcuni assistiti presso i rispettivi medici, al fine della corretta determinazione della quota capitaria, con riferimento ai presupposti legislativi e convenzionali. […] Non è nella disponibilità dei medici il ‘flussò degli assistiti, bensì dell’Azienda.



L’autorizzazione e l’accreditamento presuppongano “indici di fabbisogno diversi e non sovrapponibili” […] Dalla declaratoria di incostituzionalità della norma posta a fondamento del provvedimento impugnato in primo grado (…), deriva l’illegittimità di tale atto che va, di conseguenza, annullato. Dirimente si appalesa l’insussistenza del requisito della colpa della P.A. […].



Il contratto allegato alla DGR 689/2020, sottoscritto anche dalla ricorrente, stabilisce che “le attività non tariffabili e legate all’emergenza COVID, potranno essere remunerate in misura ulteriore rispetto al livello di finanziamento assegnato per l’anno 2020 solo in caso di raggiungimento del budget per effetto della produzione ospedaliera ordinaria e della produzione ospedaliera autorizzata dal presente contratto, …, evidenziando che all’interno del budget assegnato, debba essere ricompresa anche la produzione resa e le funzioni dedicate per fronteggiare l’emergenza Covid.



La materia residuale dell’organizzazione amministrativa regionale si arresta “a monte”, cioè alla fase antecedente l’instaurazione del rapporto di lavoro, riguardando solo i profili pubblicistico-organizzativi dell’impiego pubblico regionale, mentre ogni intervento legislativo “a valle”, incidente cioè sui rapporti lavorativi in essere, va ascritto alla materia dell’ordinamento civile. L’impiego di medici specializzandi in attività di supporto alle strutture di emergenza- urgenza è uno dei rimedi organizzativi straordinari, i quali, finalizzati a garantire la continuità assistenziale in settori nevralgici, pregiudicati dalla carenza di personale, non investono se non di riflesso l’ordinamento civile, e viceversa attengono essenzialmente all’organizzazione sanitaria regionale.



La selezione per l'affidamento dell'incarico di direttore di struttura sanitaria complessa non integra un concorso in senso tecnico, articolandosi piuttosto secondo uno schema, che non prevede lo svolgimento di prove selettive con formazione di graduatoria finale, né l'individuazione del candidato vincitore, ma soltanto la scelta di carattere essenzialmente fiduciario del direttore generale dell'Azienda, nell'ambito di un elenco di soggetti ritenuti idonei da un'apposita Commissione sulla base di requisiti di professionalità e capacità manageriali.



Il diritto fondamentale al lavoro, garantito nei principi enunciati dagli artt. 4 e 35 Cost., avuto riguardo al dipendente che abbia scelto di non adempiere all’obbligo vaccinale, nell’esercizio della libertà di autodeterminazione individuale attinente alle decisioni inerenti alle cure sanitarie, tutelata dall’art. 32 Cost., non implica necessariamente il diritto di svolgere l’attività lavorativa ove la stessa costituisca fattore di rischio per la tutela della salute pubblica e per il mantenimento di adeguate condizioni di sicurezza nell’erogazione delle prestazioni di cura e assistenza.



La norma censurata, facendo decorrere la cessazione degli incarichi del direttore amministrativo e di quello sanitario dalla cessazione del vecchio direttore generale, stride con l’esigenza di continuità dell’azione amministrativa. In forza della specifica modalità con cui è strutturato il principio simul stabunt, simul cadent, l’ente risulta esposto al rischio di subire un periodo di discontinuità gestionale, in ipotesi anche prolungato, in cui il vacuum finisce addirittura per riguardare tutti i tre i direttori preposti, secondo le loro rispettive competenze, al governo dell’ente stesso.



È evidente la carenza di giurisdizione del Giudice Amministrativo sulla controversia relativa alla sospensione dall’esercizio della professione sanitaria, che – come sottolineato dalla richiamata ordinanza delle sezioni unite della Corte di cassazione – «discende, in modo automatico» dall’accertamento dell’inadempimento dell’obbligo vaccinale, configurato come «requisito essenziale» imposto dalla legge a tutela della salute pubblica e della sicurezza delle cure.



I tetti di spesa sanitaria sono previsti a livello regionale e ripartiti tra le varie ASL provinciali, per cui il dato complessivo della spesa regionale rappresenta una variabile indipendente […] una struttura autorizzata a fornire determinate prestazioni sanitarie può comunque continuare ad erogare dette prestazioni anche una volta raggiunto il budget di spesa, ovviamente in forma privatistica, vale a dire con corrispettivo a carico dell’utente privato e non della finanza pubblica.



La tutela apprestata al diritto alla salute dall’art. 32 Cost. non può non subire i condizionamenti che lo stesso legislatore incontra nel distribuire le risorse finanziarie delle quali dispone, fermo restando che da ciò non può derivare la compressione del «nucleo irriducibile del diritto alla salute, quale ambito inviolabile della dignità umana. L’erogazione di farmaci rientra nei livelli essenziali di assistenza (LEA), il cui godimento è assicurato a tutti in condizioni di uguaglianza sull’intero territorio nazionale, allo scopo di evitare che, in parti di esso, gli utenti debbano, in ipotesi, assoggettarsi ad un regime di assistenza sanitaria inferiore, per quantità e qualità, a quello ritenuto intangibile dallo Stato. Si è, dunque, in presenza di una competenza legislativa esclusiva statale, anche se questa Corte ha al contempo affermato che la materia presenta possibili punti di contatto con altri ambiti materiali, quali anzitutto la tutela della salute, «cui è da ricondurre l’organizzazione del servizio farmaceutico, in regime di competenza ripartita tra Stato e regioni ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost.



Un intervento sul merito delle scelte terapeutiche in relazione alla loro appropriatezza non potrebbe nascere da valutazioni di pura discrezionalità politica dello stesso legislatore, bensì dovrebbe prevedere l’elaborazione di indirizzi fondati sulla verifica dello stato delle conoscenze scientifiche e delle evidenze sperimentali acquisite, tramite istituzioni e organismi – di norma nazionali o sovranazionali – a ciò deputati. La Regione Siciliana, trovandosi in fase di “programma di consolidamento e sviluppo”, non può erogare prestazioni sanitarie “extra-LEA”.



Nel caso che ci occupa, non viene in rilievo un atto medico somministrato ad un paziente - che deve scegliere previa prestazione di consenso personale, libero, esplicito, consapevole, specifico, attuale e revocabile in ogni momento - bensì di volontaria assunzione di un farmaco per il quale, le Autorità sanitarie non hanno previsto la prescrizione medica, qualificando lo stesso come farmaco da banco.



Il diritto di difesa invocato dalla ricorrente –in guisa giustificativa dell’accesso e, dunque, eccettuativa alla regola generale della non ostensibilità di detti documenti per ragioni di riservatezza del terzo controinteressato- è egualmente esplicabile nell’ambito del giudizio civile da parte della ricorrente, in altro modo: non è rinvenibile, in altre parole, né è stato adeguatamente allegato e comprovato dalla ricorrente, la assoluta indispensabilità dei documenti sanitari richiesti rispetto all’oggetto del giudizio, che ben potrà essere proseguito ed istruito senza che dalla mancata esibizione degli atti ex lege 241/90 rivengano danni irreversibili alla sfera giuridica della ricorrente.



Imporre l’obbligo vaccinale ai sanitari risponde al primario interesse pubblico della tutela della salute collettiva, a fronte del quale la posizione del privato recede. Esso garantisce la continuità delle prestazioni professionali e, quindi, l’efficienza del servizio. L’equiparazione dei vaccini a “farmaci sperimentali” è frutto di un’interpretazione forzata e ideologicamente condizionata.



L’attività di farmacista e di grossista, anche se svolte da un medesimo soggetto con un'unica partita iva, devono restare separate tra loro, per via della diversa finalità che, nella filiera del farmaco, sono chiamati a svolgere. Detta distinzione, viene garantita attraverso l’attribuzione, al medesimo soggetto, di un codice univoco diverso, in riferimento all’attività svolta, al fine della tracciabilità del farmaco i cui movimenti vengono trasmessi alla Banca dati centrale prevista dal citato art. 5 bis, D.Lgs. n. 540/1992 e regolamentata dal DM del 15 luglio 2004.



In questa prospettiva, incentrata sulla salute quale interesse (anche) obiettivo della collettività, non vi è differenza qualitativa tra obbligo e raccomandazione: l’obbligatorietà del trattamento vaccinale è semplicemente uno degli strumenti a disposizione delle autorità sanitarie pubbliche per il perseguimento della tutela della salute pubblica collettiva, al pari della raccomandazione (Corte Costituzionale, sentenza n. 268 del 14 dicembre 2017).



Nel rapporto tra autorizzazione all'esercizio dell'attività sanitaria da parte di una struttura privata e il successivo accreditamento della stessa presso il SSR, non esiste pregiudizialità e pertanto, l'effetto della sua revoca non può bloccare l'esercizio dell'attività sanitaria privata della struttura.



Sulla ridefinizione di “luogo sicuro” per gli sbarchi di persone soccorse in zona SAR in tempo di emergenza epidemiologica di interesse globale tra Convenzioni Internazionali e diritto interno, attraverso l’uso del Decreto Interministeriale.



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